Il Corriere della Sera del 20/02/2017 titola entusiasticamente “Boom dei prestiti, i consigli per scegliere bene” e continua “per chi li propone sono un affare e le famiglie ne chiedono sempre di più. I tassi medi sono scesi: 9% circa per 5-15 mila euro. Per ora. Le condizioni delle principali banche e la corsa al nuovo affare: la cessione dei quinto dello stipendio”.

Mancava solo di chiudere il pezzo con le parole di Peppino di Capri “Champagne! per brindare a un incontro” e la commedia era completa. E c’è da scommettere che qualcuno abbia persino annuito sorridendo, pensando che ogni tanto una buona notizia ci vuole proprio.

Dunque, tradotto in soldoni, dato che a Gennaio 2016 il totale dei micro-crediti comprendenti sia i prestiti personali che quelli al consumo degli italiani ammontava a 256,9 miliardi di Euro (fonte Centro Studi Unimpresa), se consideriamo il costo medio del 9,0% celebrato dal Corriere otteniamo una spesa totale per interessi pari a 23,12 miliardi di euro che durante il 2015 le famiglie italiane hanno trasferito al settore finanziario per prestiti (senza tener conto dei mutui)!

Questo deve essere sfuggito al Corriere, che del resto non approverebbe il titolo del mio recente articolo “Da modelli di sviluppo a meccanismi di appropriazione” nel quale spiego che siamo immersi in un gigantesco meccanismo di appropriazione indebita di risorse pubbliche e private da parte del settore finanziario che non ha nulla a che vedere con modelli di sviluppo economico.

stop-usura

Il settore finanziario è diventato una enorme idrovora che ha bisogno di alimentarsi, di succhiare valore dal lavoro, dalla proprietà privata e pubblica, ed il micro-credito è un canale formidabile di appropriazione.

Pensiamo soltanto che partendo da questi dati ed assumendo un tasso di crescita medio atteso del 3% all’anno dei micro-crediti (fonte Osservatorio Assofin-Crif-Prometeia, Giugno 2016 Vol 38) otteniamo che nel triennio 2017-2019, tanto per fare due conti ravvicinati, le famiglie italiane verseranno un totale di 73,6 miliardi di euro al settore finanziario a titolo di interessi passivi sui micro-prestiti, pari al 4,5% del PIL di un anno…per di più garantendo il tutto con la cessione del quinto dello stipendio! Perdiamo sangue…

Tutto ciò, si badi, segue un trend crescente, che è ovviamente proporzionale alla cosiddetta crisi, alla carenza indotta e fittizia di liquidità nell’economia reale che viene spacciata come austerità secondo le rigide direttive del Fiscal Compact imposto dalla Commissione cosiddetta Europea.

Dunque, voi lavorate un mese intero per portare a casa lo stipendio, spesso in condizioni precarie. Quei soldi, pochi o tanti che siano, sono frutto di un’attività fisica ed intellettuale che in qualche modo crea valore per la società. Bene, il 20% di questo sacrificio va messo a garanzia a beneficio di società private conosciute anche col nome di “banche” che con lo sforzo di un click sulla tastiera accreditano un conto di deposito, o una carta di credito, e iscrivono in contropartita un credito nei vostri confronti. Il denaro datovi è così creato dal nulla, per decisione di un funzionario bancario che digita l’importo sulla tastiera.

Studi che stiamo conducendo come IASSEM riportano evidenze empiriche ormai conclamate persino dalla BCE e da revisori quali KPMG, le quali confermano che oltre il 90% della massa monetaria in circolazione nell’Eurozona viene creata dalle banche commerciali senza alcuna contropartita, all’atto stesso della concessione dei crediti alla clientela. Banca d’Italia riporta per l’Italia un valore dell’85%. (“Il trucco della moneta bancaria“).

Voi avete lavorato un mese per quello stipendio, ed il funzionario sottrae il 20% di quel sacrificio nel tempo di un click sulla tastiera e trasferisce questo valore ad un gruppo di azionisti privati che non apportano alcun valore all’economia reale, bensì lo sottraggono attraverso la cessione del quinto del vostro stipendio e l’imposizione di un interesse passivo del 9% rispetto a tassi di mercato che rasentano lo 0%.

Non è finita qui. A scadenza, una parte di questi crediti risulteranno incagliati, ma poco male. Alle banche quel denaro è costato una registrazione contabile e allora cederanno il pacchetto incagliato ad un prezzo pari a circa il 3-5% del valore nominale ad un fondo estero, come ad esempio il fondo Algebris, il cui gestore è un noto finanziere ospite fisso della Leopolda di Matteo Renzi, specializzatosi proprio nell’acquisto a sconto di crediti incagliati di banche commerciali.

Ecco allora che entra in campo una finanza più evoluta, più internazionale ed ancora meno palpabile che farà l’ultima spremitura del portafoglio di crediti cercando di estrarne il possibile residuo, per poi gettare tutto al fuoco come si fa con la sansa, che notoriamente è l’ultimo stadio di sfruttamento del processo di spremitura delle olive.

Ciò, beninteso, si aggiunge ad altre fasi di spremitura fatte a monte. Ad esempio, si aggiunge alla sottrazione di risorse operata tramite gli interessi passivi sul debito pubblico, che è un debito puramente contabile e detestabile dato che le Tesorerie degli Stati (anche dell’Eurozona) potrebbero generare oltre il 90% di quella moneta in modo diretto, senza prenderla a prestito da organismi privati o transnazionali; si aggiunge alla spremitura fatta dalla UE che rivendica le quote annue per l’applicazione del Fiscal compact, per il funzionamento del MES e per altri impegni “europei”, e soprattutto si aggiunge all’imposizione fiscale da parte del fisco, che non potendo emettere moneta può solo mettere le mani nelle tasche dei cittadini.

Voi, noi, per la finanza predatoria siamo la sansa, quel materiale marroncino inerme che resta dopo l’ultima spremitura, buono ad accendere il fuoco o ad essere dato in pasto ai maiali. Ma c’è di peggio: nel caso dei micro-crediti, ci siamo presentati volontariamente al frantoio! Capite quando dico che siamo imprigionati in una matrice complessa, immersi in una forma di potere che passa attraverso i nostri corpi? Che siamo oggetto e soggetto di un potere impalpabile ma pur sempre devastante? (“La matrice che ci imprigiona“).

LA MISURA E’ COLMA. C’è solo una priorità oggi: una banca pubblica, per operare subito credito alle PMI, trasferimenti sociali e redditi di sussistenza alle famiglie (“Una banca pubblica per rilanciare il Paese“). Bastano meno di 20 miliardi per dare un buon impulso all’economia e restituire il sorriso a milioni di italiani, strappandoli dai tentacoli dell’usura legalizzata. E’ la mossa più astuta e veloce che possiamo fare, guadagnando così il tempo necessario alla rivisitazione ragionata e non-emotiva dei Trattati europei.

Per fare ancora più in fretta, possiamo iniziare con una moratoria sui 36 miliardi di euro di perdite maturate che dobbiamo ancora pagare alle banche d’affari per i contratti derivati sottoscritti con il Tesoro, viste le indagini in corso da parte della Corte dei Conti proprio sul merito di questi contratti (“Emorragia da derivati..“), e utilizzare nel frattempo questi denari per portare soccorso alle famiglie italiane.

Le soluzioni ci sono, iniziamo a liberarci dalla feccia partitica che ci circonda.

Alberto Micalizzi